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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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623. CARNEVALE DI CARLO GOLDONI di Chiara Passarella
Carnevale
La stagion del Carnovale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.
Chi ha denari se li spende;
e s'impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.
Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.
Carlo Goldoni
Pensando al mese di febbraio, mi viene
spontaneo pensare al Carnevale e, di conseguenza, alle maschere. Penso al Carnevale
di Goldoni ed alla sua evoluzione,
penso al passaggio storico dalla maschera
alla commedia del carattere. Carlo Goldoni ha rivoluzionato la commedia
dell’arte, quell’oasi antiletteraria e disimpegnata, capace però di attirare a
sé drammaturghi come Shakespeare e Molière fino allo stesso Goldoni, che con la
sua riforma del teatro eliminò il cattivo gusto abolendo gradualmente l’uso
delle maschere e sostituendo il canovaccio al copione, così gli attori
passarono più in secondo piano e i meriti di una buona riuscita teatrale erano
tutti dello scrittore. Goldoni con grande maestria fa rifiorire il linguaggio,
quello di un italiano inedito che si contamina di veneziano e che mette in
risalto il grottesco contrasto fra le diverse classi coinvolte in una forte
azione sociologica e morale. Siamo intorno alla metà del 1500 quando il mondo
teatrale subisce una vera e propria rivoluzione con la nascita della
commedia dell’arte, il cui successo divampò in tutta Europa fino a vedere
la sua fiamma smorzarsi lentamente per poi spegnersi sul finire
del 1700. Piaceva molto quella compagnia di comici formata da sei o sette
attori con indosso esuberanti maschere che li rendevano immediatamente
riconoscibili agli occhi del pubblico. Le compagnie italiane erano
molto richieste, venivano chiamate a recitare anche all'estero, alle corti
d'Europa. La maschera era l'identità stessa del personaggio sempre ben
delineato: Pantalone era il vecchio brontolone e avaro, Arlecchino il servo
sciocco, Brighella l'astuto. Una vera e propria riforma quella della
commedia dell'arte con una visione della realtà alquanto inedita: lo spirito
del razionalismo arcadico, seppur in ambito letterario, orientava i
commedianti alla semplicità, all'ordine razionale, al buon gusto. Goldoni
non era un letterato ma un uomo di teatro che intuiva bene i gusti e le
preferenze del pubblico, obbligò gli attori a riferirsi a un testo
scritto, bocciò le banali buffonerie, eliminò gradualmente le
maschere, conferendo loro una personalità sempre più marcata, più netta, è così
la Commedia dell'Arte divenne magistralmente "commedia di carattere".
Questo aveva anche uno scaltro senso sociologico che avrebbe allargato
l'interesse del pubblico: si poté dar voce alle reale classe borghese
mercantile. Pantalone diviene modello delle buone qualità del mercante
veneziano, mentre i nobili appaiono senza valori, i servi degli ingenui,
la vecchia aristocrazia viene ridicolizzata per la sua arroganza. La
borghesia invece assume ogni spesso connotazioni positive, come intelligenza
e intraprendenza i cui risvolti sono sempre avidità e opportunismo. Il
popolino delle comari pettegole, dei gondolieri, pescatori è rappresentato
nella sua rozzezza ma al contempo viene associato alle belle virtù dell'intuito
e del buon senso. Non solo innovazione ma anche una forte azione moralizzatrice
in coerenza con lo spirito settecentesco del Goldoni illuminista: la commedia
vuole educare al buon senso borghese quello che confida nella natura
umana, nella solidarietà e nella pacifica convivenza tra gli uomini. Goldoni si
allontana dallo stereotipo, cambia le ambientazioni e i personaggi
rappresentati ma soprattutto il linguaggio, spia delle diverse classi sociali a
cui si vuol dar voce e che edificano la commedia stessa: non tratta più del
ricco in relazione al servo povero, ma dà vita ad una simpatica e
furba locandiera, come Mirandolina, o a uno scaltro "caffettiere"
come Ridolfo. Il linguaggio si emancipa dalla formalità della tradizione
letteraria. A intermittenza si alterna dall'italiano al veneziano, per
esaltare i diversi usi sociali del linguaggio. Il suo è un italiano,
contaminato dal veneziano e caratterizzato da elementi settentrionali,
quello del mondo borghese, lontano dalla purezza della tradizione classicistica
toscana. Il dialetto veneziano non è per Goldoni un mezzo ludico o un
espediente spassoso, ma uno strumento concreto ed efficace ad identificare
i diversi strati sociali dei personaggi che lo utilizzano e a scandire in
una schematicità quasi algebrica la commedia di quel tipico sapore goldoniano
fra ironia e rigore, fra realismo e rappresentazione. Infine, dopo questa
divagazione letteraria che esula un poco dalla critica poetica nel senso più
stretto della parola, un altro omaggio al Carnevale in poesia con due grandi
autori: D’ Annunzio e Rodari:
Carnevale vecchio e pazzo
Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia a un pallone.
Beve e beve e all’improvviso
gli diventa rosso il viso,
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia…
Così muore Carnevale
e gli fanno il funerale,
dalla polvere era nato
ed in polvere è tornato.
Gabriele D’Annunzio
Carnevale
Carnevale in filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d’Arlecchino,
vestito di carta, poverino.
Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.
Pantalon dei Bisognosi
“Colombina,” dice, “mi sposi?”
Gianduia lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello
mena botte a Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una bella medicazione,
poi lo consola: “È Carnevale,
e ogni scherzo per oggi vale.”
Gianni Rodari
CHIARA
PASSARELLA
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