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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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455. “BURNING RUINS METAL FEST 2014” – seconda edizione di Roberto Sky Latini
“BURNING RUINS METAL FEST 2014” –
seconda edizione
Terni, Ven. 19 Settembre 2013
di Roberto Sky Latini
L’ingresso gratuito come lo scorso anno.
Posto adiacente a quello del 2013: l’altra volta era sullo spiazzo davanti
all’anfiteatro dei giardini pubblici “La Passeggiata”, ora proprio dentro
l’Anfiteatro. Una location bella esteticamente ma che fa rimanere il metal
nell’underground poiché non è fruibile dalla gente che passa. L’anno scorso
invece tutti potevano vedere lo scatenamento di “gente strana”. L’evento è
iniziato circa alle 18.00, ma le band hanno iniziato a suonare più tardi come
previsto, verso l’ora di cena.
Ecco la scaletta:
2.
HELLRAISER di Città Di Castello. Un album: “Revenge of the Phoenix” (2014). Genere:
Power/HeavyMetal.
3. IBRIDOMA di
Macerata. Due album: l’ultimo “Goodbye Nation” (2014). Genere: HeavyMetal.
4. SUBLIMINAL
CRUSHER di Terni. Tre album: l’ultimo “Newmanity”(2013). Genere
Thrash/DeathMetal.
5. SAWTHIS di
Pescara. Tre album: l’ultimo “Youniverse” (2013). Genere:
Thrash/CrossoverMetal.
6. NATRON di
Bari. Sei album: l’ultimo è un EP “Virus Cult” (2014). Genere: Death Metal.
I primi a suonare sono gli umbri V. La
serata inspiegabilmente produce una umidità calda fino al giorno prima non
prevedibile. L’umidità è però soffiata via dall’aria di deserto che lo Stoner
Metal sa sprigionare con la chitarra lenta e grumosa. Si tratta di un trio che
riesce a riempire bene l’atmosfera anche solo coi tre strumenti. Lanieri,
cantante e chitarrista, sembra il centro della band, ma a catalizzare
l’attenzione non è solo lui, che anche bassista e batterista hanno carattere.
Musicalmente la voce non è superlativo. Ma i pezzi hanno appeal e mantengono
alta la tensione coi vari cambi di ritmo. La riffica non rallenta mai troppo
scendendo allo stato di Doom, e anche se vi sono respiri alla Black Sabbath, la
musicalità generale non risulta asfittica. Il lato tecnico riesce a tonificare
un concerto che sfodera anche una velocità adatta ad eccitare il pubblico, solo
che è la band di apertura e la gente è ancora troppo poco calda, anche se non
annoiata. Comunque la band non ha timori reverenziali e si presenta compatta e
a proprio agio. La seconda arrembata la fanno gli HELLRAISER, anch’essi umbri,
e con loro si passa al metal più d’impatto. Come per gli V, anche per loro i
brani sono estratti dall’unico loro lavoro. Ho ascoltato l’album e ad esso non
manca nulla né tecnicamente né compositivamente. Siamo nella tradizione anni
’80, a cui la band ha fatto sempre riferimento essendo una cover band ispirata
a quel periodo. Iniziata da poco quindi l’espressività con brani originali,
tentando la carta artistica personale. L’ispirazione da studio c’era e però
anche la capacità live è rimarchevole; sicuramente il frutto della loro
esperienza coveristica. In effetti le chitarre hanno sbagliato ben poco e il
bassista ha sostenuto con forza tutta la ritmica, e il loro charme è del tutto
metallico. Casualmente 4 dei cinque pezzi presentati sono i miei preferiti
dell’album: “In the Name”; “Nightmare”; “Under Command” e “Pillars of Life”,
per cui ho dannatamente goduto. Il cantante è una vera scoperta, almeno per me,
e il pubblico lo ha capito, nonostante talvolta il volume fosse troppo basso;
se da studio era in grado di dare interpretazione e potenza, dal vivo ha
ottenuto lo stesso risultato. Il brano “Revenge of the Phoenix” ha permesso ai
metallers presenti di recepire anche quanto la voce di Capaccioni sia in grado
di farsi valere pure sulle note soft. Sono riusciti a rendere contemporaneo un
sound che ha più di trent’anni. Onore al merito. Terzi in scaletta i
marchigiani IBRIDOMA che sono come gli Hellraiser vicini al periodo ottantiano,
sebbene risultino talvolta più moderni. Non sono affatto timidi, e snocciolano
il loro repertorio come veri veterani. Il fatto che la struttura dei loro brani
sia semplice, potenzia il lato live, elicitando una certa potenza. Il cantato,
molto particolare da studio, talvolta delicato, non è affatto debole dal vivo;
e caratterizza, valorizzandola, l’espressività del gruppo. Ho parlato con
alcune persone presenti al concerto che non conoscevano la band, anche non
metallari, e tutti hanno capito il valore di questa vocalità, elogiandola.
Nessuno fa caso agli assoli relativamente poveri, grazie alla cinesi ritmica
tagliente e tirata, ben solida anche nei middle-time. Il pubblico ormai caldo
si è scatenato e ha risposto alle provocazioni dei musicisti, tosti e
preparati. L’accattivante “Goodbye Nation” è stata cantata anche dal pubblico. Dopo
di loro è toccato ai padroni di casa SUBLIMINAL CRUSHER, figli dell’acciaio
ternano, per nascita ma soprattutto per forma musicale. Un Thrash quasi Death
che annichilisce l’ascoltatore. Io credo che la band meriti più di ciò che ha ricevuto,
in quanto la loro sensibilità compositiva è stata sempre molto raffinata,
seppure estremamente dura. Da studio sia il growl, tecnicamente ben espressivo,
soprattutto nelle corde vocali dell’ultimo singer, che le forme strumentali,
hanno costruito passaggi sempre interessanti, sottilmente ricercati. Dal vivo
il tutto appare più compresso e l’ascoltatore perde la possibilità di percepire
bene questi input di classe; leggermente più gutturale la voce ed
eccessivamente distorte le chitarre. Alla fine però, chi conosce i brani ha
potuto essere afferrato e sbattuto dalle onde sonore per un headbanging e un
pogo in piena regola. Io avrei voluto sentire “Locked in” (che sarebbe perfetta
live) dall’ultimo lavoro, ma da esso hanno tratto solo “Three steps to Slay”.
Eseguite anche “Affection” dal primo, feroce e diretta; la stupenda “Just All I
Want” e “la famelica “Bored” (ritornello spietato) dal secondo; più
“Armageddon” dal demo. La storia di questa band vede ora solo due vecchi
componenti su cinque; sono rimasti il bassista Jerico e il batterista Rawdeath.
Mi dispiace poiché c’è il rischio che la nuova formazione non sia in grado di
realizzare quelle articolate finezze finora presenti a livello di songwriting.
In realtà qui è stato presentato un brano inedito dal titolo “And then the Darkness
Come” che non sembra lontano dallo spirito della band. Ma devo ascoltarlo
meglio per capire. Per il momento i Subliminal son ben vivi.
Se i S.Crusher respirano ancora, forse
il loro passaggio distruttore ha ucciso il pubblico. Ma una pausa ristoratrice prepara
la salita sul palco degli abruzzesi SAWTHIS che trova una folla resuscitata. Il
suono cambia allontanandosi dalla tradizione ottantina fin qui espressa e
atterrando sul crossover violento, figlio di un metal più moderno, a tratti
Metalcore. E’ un groove ossessivo, molto saltellante quello espresso da questo
combo incendiario, senza assoli chitarristici (o quasi), tutto tendente al
ritmo. Il pubblico è istigato allo scatenamento collettivo e schizza di qua e
di là, non ancora domo. Il sound è come un maglio che cala ripetutamente e
acciacca senza remore. La voce è estremamente growl, e non permette di
percepire variazioni di tono, e del resto spinge più sulla ritmicità che sulla
musicalità. Le chitarre ribassate sono essenziali, poco variegate e creano una
atmosfera da ballo, anche se si tratta di danza lacerante e furiosa. E poi
arrivano i pugliesi NATRON, ultimi in lista, ma sono gli headliner perché
stanno in pista da più tempo. La gente pare avere ridotto le energie, eppure
ancora c’è chi riesce a darsi all’assalkto del palco. Il Death Metal suonato è
brutale, ridotto all’osso, e forse non del tutto attrattivo, comunque la
potenza live riesce a colpire nel segno e come cibo gettato in pasto alle
belve, nutre i presenti e più resistenti metallari. Tra un blasting vigoroso e
tempi meno veloci, sempre però feroci, la tecnica del gruppo è percettibile;
non si tratta di musicisti sprovveduti e il vigore che ci mettono è pari alla
loro abilità. Ciò che si perde è la loro variazione di espressività che da
studio ha ondeggiato tra Death classico più rustico e TechnoDeath più
scintillante; dal vivo non ci sono differenze. Il BURNING RUINS non è una sfilata di poser;
qui si trova sempre il “Vero Metal”. Terni ha una tradizione molto moderna e
poco vintage, ma nel costruire questo evento, il “Ministero del Metallo”
(struttura organizzativa umbra) sa equilibrare le scelte con ospiti di diversa
formazione artistica. La scelta della locazione era stata inizialmente “Piazza
Tacito”, centrale per il passeggio della gente; sarebbe stata una svolta
significativa per il metal che si sarebbe trovato fuori dal proprio habitat, ma
che come esperimento non era male. Poi, non per scelta degli organizzatori, il
tutto è stato spostato. Ad ogni modo l’affluenza c’è stata e il successo quindi
pure; Terni è un po’ indolente in tal senso, però sono arrivati anche metallari
da fuori. Lo scorso anno erano presenti alcuni stand, stavolta solo la birra;
questo è un peccato. Ad ogni modo la febbre da rock è stata alta e il movimento
è stato trascinante; tutto è filato liscio e gli scatenamenti truculenti non
hanno creato danni, perché i metallari amano davvero la musica. Nota personale:
per me il palco era troppo alto, preferisco un feeling più diretto con le band,
ma a molti è invece piaciuta la poderosità del palco ampio e imponente, come
quelli “veri”; ma il Burning è proprio un festival vero, dal respiro nazionale
(in totale nei due anni, sette gruppi umbri su tredici). Anche i musicisti
hanno commentato positivamente un palco di tal stazza; dà un senso di epicità.
Simone Zampetti, metal kid e musicista dei ternani LightSilentDeath, è
l’artefice diretto dell’evento in quanto Direttore Artistico del Burning Ruins
metal fest. Egli è il titolare della “Bipede Booking and Production” che si
occupa di eventi artistici, e, per conto del “Ministero del Metallo”, offre la
sua passione all’arricchimento del panorama metal a Terni. Non c’è due senza
tre: aspettiamo la battaglia della terza edizione. CHE IL METALLO SIA CON VOI!
Roberto Sky Latini
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