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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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449. LA MEDICINA NARRATIVA di Sky Robertace Latini
Sono
stato ad un corso d’aggiornamento a Gennaio 2014, sulla Medicina Narrativa, e
in giornate come questa la scienza si mescola, in un certo senso, alla
letteratura. Mi è ricapitato sotto le mani il pieghevole e mi è venuta voglia
di parlarne. Da anni che paiono secoli, nei convegni e in altre occasioni,
ormai si disquisisce di come va ascoltato il paziente e di come, nella
relazione tra operatori sanitari e utenti, debba essere curata la parte umana e
sociale, ricordando che gli individui sono persone con la loro dignità e non
numeri. Non si possono cioè identificare gli esseri umani con la loro patologia
(per esempio si parla di “persone con la disabilità” e non di “disabili”). In
tempi come i nostri, dove la sanità parla di evidenze scientifiche su cui
basare l’operatività, anche per la relazione tra sanitari e popolazione, si
cerca di trovare una dimensione oggettivabile che sia “evidente”. Si vuole
quindi avere un metodo che faccia divenire utile ed utilizzabile tutto ciò che
diventa comunicazione tra utente e operatore. La comunicazione cioè come mezzo
tecnico che diventi dato di supporto per le attività sanitarie. E farlo senza
spersonalizzare ancora di più il rapporto tra le persone, in medicina. Le
storie che raccontano i pazienti sono rischiose se non si sa analizzarle. Esse
hanno una architettura ed una forma che bisogna imparare ad analizzare. Anche
l’uso dei luoghi e i movimenti dei corpi sono comunicazione che ampliano ed
integrano il lato verbale o scritto. Le camere addobbate di foto delle persone
in coma o che hanno avuto un trauma lavorano sia verso gli operatori che verso
i pazienti stessi ed i loro familiari. Isadora Duncan, ballerina statunitense
vissuta tra l’800 e i primi del ‘900, disse: “SE SAPESSI DIRLO NON AVREI
BISOGNO DI DANZARLO”. In effetti non tutto è possibile esprimere con le parole.
Al corso è stata nominata la scrittrice ebrea-americana Susan Sontang, deceduta
n el 2004 per Leucemia, scrisse: “LA MALATTIA E’ IL LATO NOTTURNO DELLA VITA”
(altri parlano di “Tunnel”). Questa notte però, dico io, è piena di dolorosi
flash abbaglianti che colpiscono come frustate a tradimento. La coscienza fa le
sue esperienze e produce dei “Qualia”, parole che cercano di proteggere dalla
realtà, elaborando le percezioni. Alcune parole fanno paura (per es. Tumore) e si
vogliono usare altre parole. I Qualia vanno dove c’è il vuoto, il silenzio, la
solitudine. Il decorso di ogni stato patologico è pieno di pugni emozionali; i
Qualia vengono utilizzati per cristallizzare i momenti culminanti delle proprie
emozioni. Non si può accettare che la malattia vinca: il cuore cerca di trovare
la forza. Si ha quindi il primato del cuore sulla mente, una mente che cerca di
addomesticare la razionalità perché tutti temono la malattia. Ma la Medicina Narrativa non può essere solo
comunicazione delle evidenze (sarebbe riduttivo in quanto soltanto veicolo
informativo); invece è potenzialmente un approccio terapeutico e di relazione,
atto ad approfondire sfaccettature non sempre facilmente catalogabili, ma che
aprono strade empiriche di esperienza. I
pazienti si approcciano spesso in modo gerarchico-paternalistico ai sanitari, passando
loro il pallino delle scelte. Ciò non è necessariamente negativo poiché il
paziente stesso sente di non essere obbiettivo verso il proprio stato di
debolezza fisica e psichica, e, anche inconsciamente, giudica che altri
prenderanno in modo più razionale le decisioni; sperando che esse siano giuste.
Naturalmente si tratta di fasi che bisogna anche saper superare,
responsabilizzandosi verso la propria situazione di patologia; in questo la
medicina narrativa può risultare un adeguato sostegno. Scrivendo della
malattia, l’indigenza conoscitiva della persona diviene umiltà conoscitiva, e
poi padronanza conoscitiva. Si passa cioè dalla passività alla reattività
costruttiva, dove in mezzo sta l’umiltà di cominciare ad ascoltarsi davvero. In ambito sanitario i testi che possono venire
scritti in tal senso sono di vario tipo, ed il bello è che anche altri attori
possono utilmente partecipare, dal loro punto di vista, ad una esperienza come
questa:
·
Funzionali
(artistici)
·
Divulgativi
·
Autobiografici
·
Storie della
pratica clinica
·
Scrittura
creativa: diario
·
Comunicazione
scritta o orale
Orale:
- Malato racconta “la” malattia
(Illness)
-
Caregiver
racconta “della” malattia (Sickness)
-
Professionista
sanitario racconta “sulla” malattia (Disease)
Scritta: procede
all’oggettivazione (è altro da sé)
La
Medicina Narrativa non serve solo ad umanizzare la pratica clinica per una più
gentile e corretta relazione, può invece essere un mezzo terapeutico
importante, che va molto oltre la semplice anamnesi. Esplicitamente o tra le
righe, si possono scoprire modalità e situazioni che influenzano la cura così
da modificare l’intervento del trattamento. Ho ascoltato con interesse i
relatori del corso, ma sono rimasto stupito che ancora si parli della necessità
di ascoltare il paziente. Non è da ieri che se ne discute, e da sempre i
fisioterapisti (quale io sono) si approcciano con attenzione alla comunicazione
(più o meno bene). In realtà ancora vi sono difficoltà grandi in tal senso,
nelle organizzazioni e servizi sanitari. Ma forse la Medicina Narrativa è
l’ultima chance per cominciare sul serio a cambiare. Ad ogni modo io ho trovato
molto potenziale artistico in questa fucina di concetti scientifici, in quanto
narrare è un po’ come creare. Quali strade apre un approccio di tal fatta? Che
magie potrà apportare? Scalderà anche un po’ i cuori quasi distrutti dalla
sofferenza? La luce fa presto a finire, ma vorrei che le giornate si
allungassero, e che anche nella notte si potesse tenere gli occhi aperti, e
guardare il buio come se fosse una pagina su cui scrivere. “La
notte è una pagina di note silenziose, un concerto in cui il tuo sentire è il
solo spettatore” Frase di Walter Di Gemma, cabarettista milanese.
SKY ROBERTACE LATINI
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