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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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427. CONSIDERAZIONI SULLA FELICITA' da un'Americana a Venezia
Molti anni fa un amico italiano, mentre guardava le
foto appena mandatemi, mi chiese "Ma perché sorridono in quel modo?" Quest'amico, un tipo intellettuale, quando
non impegnato a fare indagini storiche, fa anche il dentista. Strana domanda, pensavo, specialmente da
parte di un dentista. "Sorridono sempre
così per le foto di nozze in America!" gli dissi. Continuavo a chiedermi, però, a che cosa lui alludesse
con quella domanda provocatoria. Grazie
alle mie recenti ricerche sul poderoso mondo della pubblicità, adesso posso
mettere a fuoco il discorso nascosto, quello della felicità artificiale. Non so quando si sia cominciato a dire la
parola "Cheese!" per il fotografo, parola che significa 'formaggio'
in lingua inglese, ma lo scopo di usarla è sempre stato quello di creare
attraverso il movimento dei muscoli intorno alla bocca una specie di
sorriso. Guai a non sorridere per le
foto ormai! Guai anche a non sembrare
felici! Chi continua a sorridere per un selfie è una persona condizionata,
direi, ma non lo sa nemmeno. Sulla
parete di casa c'è una copia della foto dei miei antenati paterni. Mia sorella invece ha l'unica foto esistente
di quelli della famiglia materna. In
entrambe foto, sebbene i soggetti rappresentino due generazioni di etnie molto
diverse, le persone non hanno il volto squarciato dal sorriso. Si presentano con espressione naturale, qualcuno
sembra anche triste o severo. Si notano
innanzi tutto i loro occhi, e forse anche l'atteggiamento del corpo. Ecco la differenza fra gli occidentali di una
volta e noi. Una volta la gente non sentiva
nessuna pressione di fingersi piena di gioia, contenta, e con bei denti per
giunta. Le emozioni interiori dei nostri
antenati erano una cosa squisitamente personale. Ovviamente, trattandosi di foto, in tempi
passati la cosa importante era esserci. Presenti,
visibili, ma non in performance. Non si doveva convincere nessuno che lo stato
morale nel momento dello scatto era alle stelle. Solo adesso comincio a capire che è un fatto
gravissimo che noi non ci rendiamo conto di quanto siamo stati condizionati ogni
volta che fingiamo un sorriso per l'obiettivo.
Ha perso il suo valore, il sorriso, forse per sempre con il successo
inspiegabile del Smiley Face icone di Harvey Ball nel 1964. (Vedi il mio post in lingua inglese, HARVEY
BALL'S EMOTO-CAMPAIGN - clikka
qui.) Questa nuova condizione imposta
all'uomo occidentale, la felicità fasulla, è un'invenzione che aiuta molto a
venderci idee e cose. Se veniamo ad
accettare l'idea che la felicità sia una cosa essenziale ma leggera e
passeggera, come una posa fotografica, allora è molto più facile venderci cose
che ci faranno "felici". Cominciamo
a credere che gli oggetti e anche le cose che vediamo sullo schermo, siano in
grado di riprodurre quest'esperienza superficiale della "felicità",
cosa che siamo stati anche ipnotizzati a bramare. Nelle pubblicità vediamo famiglie,
comunicative e armoniose, e anche coppie non meno comunicative, mentre consumano
le loro vite apparentemente "felici" in vista di una marca di brioche,
di schiuma di barba o catena di supermercato.
Il forte suggerimento della loro "felicità" ci priva della
nostra. Viviamo nell'ombra del
suggerimento della loro felice ma fasulla esistenza, e non ce ne rendiamo conto. Dietro la pubblicità ci sono musiche e dettagli
ben studiati, con attori burattini dei quali ogni movimento e espressione facciale
sono programmati, e tutta questa messa in scena viene profumatamente pagata
dalle ditte che vogliono che noi compriamo i loro prodotti. Noi paghiamo tutto questo non solo in termine
di lucro, ma anche in termine del nostro senso della realtà dentro la società
in cui viviamo. Non solo la pubblicità ma
tutto ciò che vediamo sullo schermo esercita quest'influenza subdola su di
noi. Facilmente dimentichiamo che lo
scopo della vita, forse, non è di essere "felici" ma di essere
autentici e liberi di sentire i nostri veri sentimenti. La questione non è certo se sorridere o non
sorridere. E' solo una questione di
bastare a noi stessi e agli altri come siamo veramente, e non permettere che le
nostre emozioni vengano manipolate a nostra insaputa da convenzioni inventate! Secondo me, la felicità non è uno stato
dimostrabile. La felicità è un sorriso
che sa fare il cuore. UN'AMERICANA A
VENEZIA
Video - 1985 Coca-Cola: Waters of March - clikka
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