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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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364. STORIA DEL FEMMINISMO – PER NON DIMENTICARE di Chiara Passarella
Sto frequentando un corso di formazione ed
aggiornamento presso la Scuola Umbra di Pubblica Amministrazione sulle
questioni di genere e pari opportunità, i Comitati Unici di Garanzia e le
garanzie antidiscriminatorie. Martedì ultimo scorso ho seguito la lezione
sull’approccio alle questioni di genere tenuta dalla professoressa Cristina
Papa. Al termine della lezione mi sono resa conto di quanto il femminismo sia
un movimento sociale, politico e filosofico in continua evoluzione, che muta
col mutare dei tempi e la cui storia, lunga e complessa, non deve essere dimenticata. Ne è nata l’esigenza di scrivere
questo post. Il femminismo nasce dalla presa di coscienza di una asimmetria, di
una disuguaglianza tra i sessi a livello sociale. È quindi innanzitutto una
denuncia di tale situazione, dei rapporti di potere e di gerarchia che essa
instaura nella società, dei processi di esclusione, svalorizzazione,
stereotipizzazione che determina nei confronti di un sesso da parte dell'altro
sesso. Il femminismo propone sia azioni e iniziative sul piano
pratico-politico, sia discorsi sulle donne e sugli uomini, sui rapporti di
sesso e sulla rilevanza dell'appartenenza di sesso, che mirano a dare un
fondamento teorico a questa denuncia. Il femminismo è quindi contemporaneamente
un movimento sociale e politico - ancorché diversificato al proprio interno e
nei diversi periodi e contesti - e un discorso teorico (a sua volta costruito
attraverso una pluralità di discorsi): sui rapporti tra i sessi, sullo statuto
simbolico dell'appartenenza di sesso, sulla donna, sul cui statuto di soggetto
occorre interrogarsi al di fuori delle strettoie imposte da un discorso
elaborato a partire da rapporti di sesso asimmetrici e a dominio maschile. Se
il femminismo può essere definito come lavoro di riflessione e insieme azione
di trasformazione delle donne sulla propria esperienza nel mondo, le diverse
interpretazioni di questa asimmetria, le diverse soluzioni teorizzate e
proposte danno vita ai vari femminismi presenti sulla scena storico-sociale e
nella riflessione teorica. Esistono infatti molti femminismi storici, anche
conflittuali tra loro, sia sul piano teorico che su quello politico. Basti
pensare al proliferare di specificazioni e varianti terminologiche che hanno
designato il femminismo lungo tutta la sua storia. Così, le femministe degli
anni settanta si dividevano in marxiste, socialiste, radicali, a seconda del
legame che stabilivano con altre tradizioni teoriche e politiche, o anche in femministe
dell'autocoscienza piuttosto che dell'intervento sociale, del salario per il
lavoro domestico o dei gruppi per la salute della donna, a seconda della
tematizzazione dell'esperienza femminile, e quindi anche delle modalità di
aggregazione e d'intervento che venivano privilegiate. Più recentemente le
posizioni relative allo statuto attribuito alla differenza sessuale hanno
prodotto distinzioni e divergenze tra 'essenzialiste' e storiciste o
post-strutturaliste e tra modi diversi
di porre la questione della costruzione politica e della rappresentanza del
soggetto femminile. Anche nell'Ottocento, peraltro, le femministe si
distinguevano non solo tra socialiste e borghesi, ma anche tra suffragiste
(suffragette) e operaiste, e così via.
La storiografia del femminismo ha ulteriormente arricchito questo
vocabolario, nella misura in cui ha tentato delle classificazioni a posteriori
dei vari femminismi esistenti basandosi sui diversi quadri teorici e politici
di riferimento, e sulle definizioni di donna, di bisogni delle donne, di
diritti delle donne, che venivano utilizzate più o meno esplicitamente. Non si
tratta, ovviamente, di pure questioni nominalistiche, soprattutto per quanto
concerne i processi di auto identificazione da parte di movimenti e di singole;
si tratta del problema di costruire un'identità collettiva che fondi insieme
un'appartenenza e un modello di azione. È un problema comune a tutti i
movimenti sociali, ma che, nel caso del movimento delle donne, si presenta come
cruciale e difficile a un tempo, in quanto è in discussione lo statuto sociale
e simbolico dello stesso soggetto che così si organizza. Le donne si uniscono
attorno a una particolare modalità di azione e di relazione tra loro e con il
mondo innanzitutto per definire (o costruire) l'essere donna. Il modo
dell'azione, il legame con altre teorie o movimenti, diviene perciò un
passaggio cruciale nella definizione dell'identità. Il periodo storico di emergenza e di sviluppo
del femminismo è identificabile con quello che va dalla seconda metà del
Settecento ai giorni nostri. Si tratta di un periodo anche troppo ampio, tanto
più se si pensa che la parola femminismo non compare prima della fine
dell'Ottocento, quando si creano le condizioni sociali per la nascita di un
vero e proprio movimento sociale e politico, e non solo per singole posizioni
intellettuali, anche se condivise in un ambito internazionale. A metà del
Settecento, tuttavia, allorché la cultura illuminista inizia a dibattere non
solo i problemi relativi alla natura e al ruolo del cittadino, ma anche quelli
dell'universalità (della ragione) e dell'uguaglianza tra gli uomini a
prescindere dalle differenze di nascita, si comincia a delineare il contesto
teorico e politico con cui il femminismo deve fare i conti: quel contesto che,
allo stesso tempo, ne provoca la nascita come processo di auto identificazione
delle donne in quanto soggetti sociali e politici. È allora, infatti, che
vengono poste le basi pratiche, sociali, politiche, giuridiche, oltre che
teoriche, di quella polarità tra uguaglianza e differenza entro cui e contro
cui si sviluppa il femminismo moderno.
Sia che si legga la Déclaration des droits des femmes et des citoyennes
di Olympe de Gouges (1791), che la Vindication of the rights of women di Mary
Wollstonecraft 1792), si è colpiti tanto
dalla specularità - nel primo caso con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo,
nel secondo con la Vindication of the rights of men, scritto dalla stessa
Wollstonecraft due anni prima - quanto dalla affermazione che le donne in quanto
tali sono soggetti di diritti. In questi due testi è già racchiuso il problema
dell'uguaglianza e della differenza tra i sessi, o, se si vuole,
dell'uguaglianza nella (e non nonostante la) differenza, o ancora, della
'bisessuazione' sia dell'essere umano che del cittadino. Il destino di Olympe
de Gouges, che si vide negato il diritto alla parola ma non quello alla
ghigliottina, la derisione con cui venne accolta la Vindication of the rights
of women da parte di quegli stessi intellettuali che avevano accolto
favorevolmente il testo al maschile, il silenzio sulle richieste delle
giacobine italiane che si videro consegnate dal Codice napoleonico, come le
francesi, alla subordinazione nella famiglia oltre che nella società, tramite
l'istituto dell'autorizzazione maritale, mostrano quanto parziale fosse
l'universalismo su cui si stavano fondando - ad opera degli illuministi, dei
riformatori e anche dei legislatori di fine secolo Per lo stesso motivo,
d'altra parte, il femminismo, anzitutto come movimento politico che si
interroga e interroga la società sullo statuto assegnato alle donne, dalla
Rivoluzione francese in poi sale alla ribalta in tutte le nazioni moderne e
contemporanee ogni volta che queste sono costrette in modo più o meno violento,
più o meno esplicito, a verificare e rivedere i propri fondamenti
etico-politici e in particolare a misurarsi appunto con le questioni
dell'uguaglianza (di chi, rispetto a che cosa), dei diritti e della
cittadinanza (chi vi ha accesso, chi ne è escluso). Ciò vale in Occidente per
le lotte per l'indipendenza da cui sono nati molti Stati nazionali tra Otto e
Novecento, per i movimenti abolizionisti contro la schiavitù, che tanta parte
ebbero nella formazione del primo femminismo statunitense, fino all'obbligato
confronto con il femminismo - per quanto parziale e anche riduttivo -
nell'ambito della Rivoluzione sovietica e di quella cinese. Si pensi anche a
modifiche meno vistosamente politiche, ma certo non meno incisive sul piano
degli assetti sociali e delle identità personali e collettive, quali
l'industrializzazione e l'urbanizzazione. Queste, mentre modificavano i modi di
vita quotidiana, sconvolgevano la tradizionale divisione sessuale del lavoro e
le identità sociali maschili e femminili a essa connesse, rendendone appunto
visibile la non naturalità. O ancora si pensi alla diffusione della scolarità,
soprattutto nel secondo dopoguerra, che aprì alle ragazze spazi di esperienza
comuni ai ragazzi e non rigidamente definiti in termini di contenuto e di
destino di genere, favorendo nuove aspettative e nuovi percorsi per la vita
adulta; oppure al più recente sviluppo di una società dei servizi, con i suoi
effetti sulla divisione sessuale del lavoro, sui modi di definire ciò che è
maschile e ciò che è femminile, dentro e fuori la famiglia, e sulla struttura
di genere specifica delle società contemporanee sviluppate. Questi fenomeni,
apparsi dapprima in Europa, si ritrovano in varia misura anche in epoche più
recenti nei paesi in via di sviluppo usciti dal colonialismo, allorché le nuove
costituzioni nazionali, ma anche i modelli di sviluppo economico, disegnano in
modo esplicito i rapporti non solo tra i cittadini (e tra cittadini e Stato),
ma anche tra i sessi. Individuare i vari momenti di transizione e il tipo di
possibilità che hanno offerto allo svilupparsi di una visione critica delle
donne, e di loro forme organizzative, sarebbe troppo lungo e richiederebbe
anche analisi particolareggiate dei diversi casi nazionali. Ciò che mi interessa
rilevare è che il femminismo come movimento politico e insieme come
discorso teorico sembra costituire il contrappunto, ora più visibile, ora meno,
dello sviluppo delle società moderne e contemporanee e delle loro forme di
autocoscienza e di auto rappresentazione. In un prossimo post tratterò il dilemma tra uguaglianza e
differenza che ha caratterizzato l'intera storia del femminismo, in
un'oscillazione irrisolta, ancorché fortemente conflittuale, tra rivendicazioni
di uguaglianza e affermazioni di differenza, tra la richiesta di 'diritti
uguali' (agli uomini) e quella di
'diritti delle donne' Molto di
quanto sopra riportato è stato preso dagli scritti di Chiara Saraceno una delle
sociologhe italiane di maggior fama. Importanti i suoi studi sulla famiglia,
sulla questione femminile, sulla povertà e le politiche sociali. CHIARA
PASSARELLA
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